Un primo questionario sulla reazione estetica al paesaggio urbano
Proponiamo a chiunque ci legga di contribuire ad una raccolta di reazioni al paesaggio urbano, in particolare in questa prima indagine, sull’innesto dell’edilizia del dopoguerra in ambiti che fino ad allora avevano registrato un generale gradimento.
Il primo questionario che proponiamo cerca dunque di esplorare la sensazione di disagio o gradimento o indifferenza di fronte all’inserimento di edifici linguaggio contemporaneo in ambiti di edificato storico.
E’ diffusa fra gli architetti di oggi l’idea di una sostanziale volatilità della percezione estetica da parte del pubblico,
che questa sia generata solo da predisposizioni individuali e dalle afferenze culturali, dalle mode, e la maggior parte dei progettisti approfitta di questo relativismo per attuare in libertà le sue idee, oppure, con una formula apparentemente opposta ma tendente allo stesso risultato, afferma che esiste sì un’estetica in qualche modo oggettiva, nel senso di largamente condivisa, ma che è latente, e proprio lui, l’autore ha la sensibilità di creare qualcosa che col tempo sarà “capito” da tutti.
L’utilità del questionario che proponiamo, primo di una serie che intendiamo allestire, starebbe nel cercare elementi statisticamente rilevanti attorno appunto a questo tema tutt’altro che pacifico della psicologia della percezione dell’architettura e del paesaggio, paradossalmente più frequentato nei secoli passati da filosofi, letterati ed architetti, ed ora trattato più che altro da psicologi ambientali e da pochi architetti.
Quello che ci sembra renda una tale ricerca non solo legittima ma necessaria, è la notevole divaricazione fra i giudizi degli “addetti ai lavori” e quelli di una notevole parte del pubblico, a parte quella che appare poco interessata all’aspetto formale dell’edilizia.
La maggior parte degli architetti afferma di condividere un giudizio fortemente critico sulle forme della città contemporanea, ma attribuisce questa degenerazione al potere della speculazione ed alla insensibilità o peggio della classe politica, mentre salva e propone l’opera dei “buoni architetti”, e afferma che per le opere di questi l’eventuale scarso gradimento del pubblico dipende da una mancanza di cultura specifica col tempo superabile. Come se si trattasse dell’apprezzamento di un testo letterario che solo una buona conoscenza della lingua consente di apprezzare a dovere.
Ora, mentre certamente la conoscenza della storia dell’architettura può avvicinare alla comprensione della genesi culturale della creazione di forme, e magari in certi casi ad apprezzare qualcosa prima respinto, sembra sottovalutato e comunque poco studiato dagli architetti quanto ci possa essere di innato, preculturale ed ineludibile nella reazione delle persone alle forme, e quanto possa esserci invece di suggestione, di trascinamento di mode culturali o di desiderio di libertà espressiva illimitata nell’opera dell’architetto.
E’ curioso e secondo noi eloquente l’osservare come riguardo alle bellezze naturali il consenso e la definizione di gerarchie di qualità siano molto più generali e pacifici.
Ora il primo questionario che presentiamo sulla reazione emotiva all’immagine architettonica cerca di esplorare soprattutto l’“ingrediente” “percezione di stonatura”. Cioè per quante persone possa risultare urtante o positivo o indifferente l’inserimento di certi edifici di linguaggio contemporaneo in contesti di edilizia storicizzata, fermo restando che ogni esempio proposto può fare storia a sé, potendo essere molto vari i segnali visivi percepiti e i fattori emotivi evocati.
Naturalmente i risultati potranno essere variamente interpretati: per esempio per coloro che percepissero un fastidio di stonatura di un certo inserimento edilizio si potrebbe interpretare come un’inevitabile reazione naturale, una tendenza innata a percepire accordo o disaccordo di forme, ma anche invece, secondo il “culturalismo integrale” per cui propendono molti architetti, un frutto di semplice abitudine visiva.
Viene presentata una serie di situazioni edilizie, ciascuna corredata con quattro foto, e per ognuna viene proposta la stessa serie di domande e chiesto di scegliere fra alcune risposte. Qui di seguito un esempio:
A Conosco già direttamente questo luogo?
B Conosco già questo luogo attraverso testi o articoli o conferenze?
C Se ho risposto sì ad A o B, mi si era già formata consciamente una valutazione di tipo estetico-visivo?
D Impressione estetico visiva sulla qualità dell’inserimento, sia nel caso che già lo conoscessi, sia nel caso che mi trovi a giudicarlo solo sulla base delle immagini fornite.
E Impressione estetico visiva sull’edificio o complesso edilizio inserito, immaginato isolato, in un ipotetico “spazio neutro”, con contesto “avvolto nella nebbia”, valida o meno che sia l’impressione sulla qualità dell’inserimento avvenuto.
Vengono proposti venti esempi, in Torino, ciascuno corredato da quattro foto. A chi desideri contribuire a questo sondaggio chiediamo di segnalarcelo inviando una mail a torino@italianostra.org e gli verrà mandato un powerpoint con le ottanta foto ed una tabella per domande e risposte, che una volta compilata crocettando le risposte scelte dovrebbe essere scannerizzata e inviata.
Questo vuol essere giusto il primo di una serie di questionari che intenderemmo proporre, sia su problemi generali sulla percezione dell’architettura e del paesaggio, sia su trasformazioni edilizie o alterazioni del paesaggio recentemente avvenute o progettate.
Pensiamo che iniziative di questo genere possano contribuire ad indurre architetti ed amministratori pubblici a riflettere maggiormente sull’opportunità di progettare in vista di un esito estetico il più possibile condiviso, e di accrescere la propria formazione con studi in questo senso.