Notizie febbraio 2022

Cari Soci di Italia Nostra, e cari simpatizzanti per i nostri obiettivi,

si apre un anno importante da tanti punti di vista, con speranze di ripresa o di deciso avvicinamento ad una relativa normalità, ma con perduranti minacce relative alla pandemia, e poi con la riflessione che neanche la situazione “normale” di prima era particolarmente raccomandabile, e ci chiedevamo come farla diventare accettabile.

Fa un po’ paura l’ottimismo dei discorsi che sentiamo sull’occasione unica che i duecentodieci miliardi del fondo “Recovery” rappresenterebbero non solo per raddrizzarci ma per stare meglio di prima, per correggere antichi difetti, nella vita civile, nell’economia, nella cura dell’ambiente.

Intanto questi miliardi non sono poi moltissimi in rapporto ai debiti di incuria che il nostro paese ha accumulato, ma poi la condizione di cui giustamente si parla, “purché siano spesi bene”, è tutt’altro che garantita.

In particolare, per i beni che Italia Nostra cerca di promuovere, prodotti dell’arte dell’uomo e della natura, si rischia che i fondi che arriveranno finanzino anche opere dannose, infrastrutture invasive e al tempo stesso poco o niente utili, in certi casi immaginate da tempo e che le nostre ristrettezze avevano finora bloccato.

Pensiamo alla tangenziale est di Torino, che attraverserebbe collina e terreni ondulati con ampio dispiego di viadotti.

Se esplorate con googleearth la fascia interessata da questa strada potete immaginare fra l’altro la molteplicità di viadotti nel tratto collinare e comunque l’invasività di questa autostrada nella bella campagna del chierese, per un flusso di traffico che è stato calcolato sottrarrebbe solo un 5% alla affollata tangenziale ovest.

Intanto è in vista l’attuazione di una scelta profondamente negativa nata nel 2013 e confermata da entrambe le amministrazioni avvicendatesi, sull’area Westinghouse e giardini ex caserma Lamarmora di corso Vittorio. La scelta di vendere quei terreni, incluso appunto un bel giardino pubblico, per farvi sorgere un grande centro congressi ed un supermercato, scelta che sappiamo essere stata fatta sotto la spinta della situazione debitoria della città, fu comunque assolutamente sbagliata, e certo favorita dalla pietosa carenza di dibattito critico sulle scelte urbanistiche, anche fra le stesse forze politiche, e dalla mancanza di informazione tra i cittadini.

Recentemente il tema è emerso clamorosamente per la protesta degli studenti che da questo progetto si vedono privare del prezioso spazio Comala di studio e aggregazione nel giardino lungo corso Ferrucci, che verrebbe cancellato dalla strada di servizio per il supermercato, ma in rapporto a questo si sono resi conto della disastrosità ambientale dell’intero progetto, con la cancellazione dell’unico vero giardino, non su soletta di cemento, del quartiere, e sono riusciti a diffonderne un po’ la consapevolezza fra gli ignari abitanti.

Ora verosimilmente il Comune, pressato mediaticamente dalla protesta per la Comala, cercherà probabilmente di salvare questo spazio e studiare altre soluzioni per la strada di servizio, ma il tema grande per cui dobbiamo batterci è ottenere la salvezza del giardino cancellando il progetto del supermercato.

Per questo è essenziale che si diffonda nella cittadinanza la consapevolezza del tema, che il Comune per comodità ha interesse a circoscrivere alla tutela dello spazio Comala.

Oltre all’assoluta opportunità di tale passo indietro, e fra l’altro il discredito per la città che questa realizzazione attirerebbe, crediamo caso unico in Italia di un giardino venduto per far cassa, ci possono essere elementi che consentano una non esagerata onerosità finanziaria per reintegrare l’area al Comune.

C’è la stessa dubbia convenienza per gli attuali proprietari nel realizzare effettivamente il supermercato nell’area del giardino, dovendo in base all’accordo contrattuale realizzare contestualmente il centro congressi sull’area Westinghouse, con imponente impegno finanziario conseguente e con una redditività poco verosimile.

Per cui non è impossibile che siano disposti a rinunciare alla proprietà del giardino e a concentrare l’edificazione sull’area Westinghouse previa ridefinizione dell’accordo di programma con Comune e Regione.

Ripetiamo, e ci sembra constatazione e non malaugurio, che se il Comune permetterà all’infelice progetto di essere attuato, poi “andrà curvo” sotto il peso della critica dei cittadini ed il sarcasmo dei forestieri, cosa amara per una città ed una amministrazione che desiderano non solo equilibrio economico ma concreti progressi di politiche ambientali.

Un altro punto importante in sospeso è il destino del complesso dell’ospedale delle Molinette. Come si ricorderà, è stato a lungo palleggiato fra varie ipotesi di modalità e di collocazioni il futuro di un nucleo principale dell’offerta ospedaliera, attualmente concentrata in un gruppo di entità in una vasta fascia lungo il Po.

Si partì negli anni novanta con l’idea “Molinette 2” da collocare nell’area ex Fiat Avio contigua al Lingotto, la Regione acquistò tale area e previde di ricavare parte dei fondi necessari dalla vendita in tutto o in parte delle Molinette.

Noi di Italia Nostra da allora ad oggi siamo sempre stati contrari alla dismissione di qualunque parte delle Molinette dall’uso pubblico sanitario, senza muovere pregiudiziali alla nascita di importanti strutture in altre collocazioni.

Ritenevamo e riteniamo che per un necessario rinnovamento delle strutture la grande estensione dell’area consenta una riedificazione sul posto, a rotazione, approfittando di spazi già liberi o liberabili con demolizioni precedute da costruzioni sostitutive, e che l’importanza di conservare l’ubicazione di tutti gli ospedali del gruppo risieda sia in una collocazione ben raggiungibile, sia nella contiguità e possibile sinergia fra gli ospedali rappresentanti le varie specialità, sia nella felice posizione accanto alla natura del fiume e della collina, potenzialmente fruibile da una parte dei pazienti e dalle loro famiglie.

Ma proseguiamo nel racconto. Una successiva diversa amministrazione regionale ritenne che l’area Avio non fosse adatta, e che fosse auspicabile una cittadella sanitaria decentrata, con campus universitario, in corso Marche o a Grugliasco, mentre l’area ormai acquisita al Lingotto poteva essere redditiziamente lottizzata per edilizia residenziale. E’ della stessa epoca la decisione di collocarvi anche un grattacielo che avrebbe ospitato il grosso degli uffici regionali, quello che non è ancora in funzione…..

Poi altro cambio di amministrazione regionale ed altra svolta. Si tornò alle Molinette, con una soluzione simile a quella che auspicavamo, di ricostruire le Molinette sulle Molinette.

E nel frattempo la prospettiva di guadagno immobiliare sulle aree ex Avio appariva sempre più evanescente.

Poi nuovo cambio in Regione, abbandono di prospettive edilizie in zona Molinette e ritorno all’idea di cittadella della salute in area Avio-Lingotto. Questa volta con la denominazione e l’obiettivo di “Parco della Salute, della Ricerca e dell’Innovazione”. E con l’idea, che tuttora pare estremamente opinabile, che i presumibili progressi dell’organizzazione sanitaria e la qualità tecnologica delle nuove strutture consentano una marcata riduzione del numero di posti letto necessari. E anche il successivo governo regionale, l’attuale, sembra mantenere questa posizione, quantomeno regione e comune sono d’accordo sulla prospettiva di questo “ospedale di eccellenza”.

Ora, tantopiù che i fondi europei lo rendono economicamente più realizzabile di quanto potesse apparire un paio di anni fa, questo Parco della Salute si farà.

E potrà fare del bene, purché non sia accompagnato da una riduzione dell’offerta di posti letto, di cui in ogni caso le Molinette dovrebbero continuare a farsi largamente carico.

Ma in ogni caso, anche se il Parco della Salute, la nuova struttura di terapia e ricerca in area ex Avio, dovesse assorbire parte o gran parte delle funzioni assolte ora dai quattro ospedali, generale Molinette, pediatrico Regina Margherita, ginecologico Sant’Anna, traumatologico CTO, è importante che nessuna porzione di questi ospedali venga alienata, costituendo come minimo una preziosa riserva di spazi per esigenze sanitarie individuabili in futuro, e per quanto riguarda la fascia che fronteggia corso Dogliotti e il Po, uno spazio in futuro utilizzabile per aree verdi integrate alla funzione sanitaria per riabilitazione e convalescenza.

Un intervento che viene dato per sicuro, e che certo appare positivo nelle sue grandi linee, è quello per la sistemazione dell’ambito sud del Valentino, restauro del Borgo Medioevale, e soprattutto restauro e messa in sicurezza del complesso di Torino Esposizioni, con integrazione del col Politecnico ed in particolare con i dipartimenti di architettura, però con previsione di utilizzo del magnifico padiglione centrale di Luigi Nervi come nuova collocazione della Biblioteca Civica Centrale.

Siamo fortemente contrari a tale destinazione, certo dignitosa, ma che escluderebbe praticamente per sempre l’illimitata varietà di usi per tempi limitati possibile in tale magnifico spazio, una volta rimesso in sicurezza.

Ammesso e non concesso che non esista più l’agibilità economica delle esposizioni dei primi decenni di vita di questa struttura, Saloni dell’Auto, della Tecnica, della Montagna, le prime edizioni del Salone del Libro ecc., è però largamente ipotizzabile una successione di impieghi sia culturali, artistici e di vario genere, sia fieristici, sia per spettacoli, per congressi, e certamente per attività sia didattiche sia espositive connesse col Politecnico.

Per il Politecnico appunto periodicamente il salone potrebbe divenire un “teatro di architettura” in cui su alcuni grandi schermi potessero essere proiettate e valutate dal pubblico entità di architettura e paesaggio, esistenti o soprattutto ipotizzate, con ripetibilità a domanda su un certo numero di piccoli schermi, e con immaginabili possibilità di interreazione con un pubblico sia specialistico sia generale.

Per l’agibilità economica dell’edificio, una volta restaurato, per tali impieghi, possiamo sperare che per la manutenzione, sia le precauzioni prese con le operazioni di restauro, sia un prevedibile allestimento di sistemi di rilevazione di criticità resi possibili dalle nuove tecnologie, renderebbe non proibitivo il mantenimento anche in relativa rarefazione di attività in qualche modo lucrative.

Palazzo della Moda e Torino Esposizioni – sottsass,Nervi,Morandi

Per una nuova sede della Biblioteca Civica Centrale il salone di Nervi sarebbe certo una collocazione decisamente dignitosa, in un un punto della città ben accessibile e particolarmente piacevole come il Valentino, ma anche a prescindere da possibili inadeguatezze di vario genere di natura tecnica in rapporto a questo impiego, resta il peccato di impedire la fruizione di questo magnifico spazio se non agli utenti della biblioteca e comunque con l’appesantimento visivo inevitabilmente connesso con le strutture necessarie alla sua funzionalità.

Mentre invece lasciando aperto un illimitato arco  di impieghi per brevi periodi, non ci sarebbe limite alle occasioni di esperimento, di esplorazioni culturali, di fascino visivo connesso con l’immissione in un tale luogo, gratificato fra l’altro dalla peculiare dotazione di luce naturale.

E questo certo gioverebbe alla attrattività di Torino, una possibile grande wunderkammer collocata proprio in uno dei luoghi più gradevoli della città.

Ma oltre a perorare questo mutamento di obiettivi sul Palazzo di Torino Esposizioni, ci sentiamo di ripetere la nostra idea che una sede appropriata per una nuova Biblioteca Centrale potrebbe essere la Manifattura Tabacchi, che diverrà agevolmente raggiungibile con la nuova linea 2 della metropolitana.

Per questa monumento di archeologia industriale sarebbe comunque certo doveroso un recupero per attività culturali, e per farne un polo di irradiamento di qualità di vita per la non fortunata Torino Nord, in varie forme, con formule che favorissero aggregazione, spettacoli, attività sportiva, contatto educativo con la natura del vicino fiume e del vivaio comunale. Ma in particolare negli spazi immensi della Manifattura sarebbe certo fra l’altro collocabile la biblioteca.

E veniamo alla situazione ed ai problemi di noi Sezione di Italia Nostra a Torino in particolare.

Negli ultimi due anni le miniconferenze e gli incontri in sede sono diventati impossibili per la pandemia, ma è ragionevole sperare che la situazione migliori decisamente.

Visto che quantomeno durante il 2022 la sede resterà a nostra disposizione, invitiamo i soci a visitare la sede, singolarmente o in piccoli gruppi, sia come occasione di incontro e scambio di idee, sia per prendere visione dei volumi della biblioteca, chiedendo appuntamento via e.mail. da concordare poi telefonicamente.

Si rende sempre più difficile pagare le spese della nostra bella sede, in affitto, di proprietà del Comune, di oltre seimila euro all’anno, per il rarefarsi delle donazioni, indispensabili visto il nostro modesto numero di soci, e ricordiamo che delle quote associative il 50% deve essere versato alla sede nazionale. Il mantenere la nostra attuale sede può consentirci attività di riunione difficilmente organizzabili diversamente, e locali molto più piccoli renderebbero quasi impossibile la collocazione della nostra biblioteca.

Dobbiamo fare appello alla generosità dei nostri soci e simpatizzanti.

Venerdì 25 febbraio alle 18.30 si terrà l’annuale Assemblea dei Soci, che deve votare il bilancio dell’anno trascorso e naturalmente discutere delle prospettive dell’Associazione. Come per l’anno scorso, dato il perdurare della pandemia, l’Assemblea si svolgerà in videoconferenza, e i Soci che desiderano partecipare sono pregati di darne conferma a torino@italianostra.org per poi ricevere il link. Convocazione allegata

A tutti i Soci ed a chi ci è vicino un caldo augurio di un sereno 2022

per il Direttivo di Italia Nostra-Torino

Roberto Gnavi

Presidente