Notizie da Italia Nostra Torino – aprile 2016

Cari Soci ed amici di Italia Nostra Torino,
prima di tutto vi raccomandiamo di partecipare alla nuova serie di visite di
osservazione critica della città “Diogene”, nona edizione, prima uscita sabato 16 aprile.Occorre incrementare moltissimo la consapevolezza dei cittadini in rapporto ai beni in
pericolo, ma in particolare contrastare il micidiale errore di pensare che non ci si possa fare granché.
Perché la vediamo, nei politici, la paura di perdere consensi, quando di un problema si
ottiene una consapevolezza diffusa e lievita la protesta, anche se espressa in modo confuso.
Sulle varie minacce per i beni culturali e ambientali di Torino e area metropolitana, gli
ultimi mesi hanno portato varie novità, per il peggio alcune ma anche per il meglio altre.
Come minaccia nuova c’è la prospettiva molto concreta della sostituzione della pista di bob olimpica di Cesana, di per sé desertificazione cementificata di una vasta area di dolce declivio, ma in teoria con speranze di rinaturalizzazione, con un complesso alberghiero di oltre mille letti del Club Mediterraneé.
Per il Palazzo del Lavoro di Nervi nel parco di Italia ’61, oltre alla manomissione
dell’interno per il prospettato centro commerciale, si delineano ora interventi non
rassicuranti anche nel parco, oltre a quella ruota panoramica cui è scampato il Valentino.

Il Comune ha fatto ulteriori passi verso la concessione del Parco Michelotti, ex zoo
abolito nell’87, né più né meno che per l’allestimento di un nuovo zoo. Questa struttura, che verrebbe allestita e gestita dalla società Zoom (zoo-parco di Cumiana) sarebbe dedicata agli animali domestici dei quattro angoli del mondo collocati in una serie di supposti microhabitats, e a prescindere dalla verosimiglianza e dal disagio per gli animali non ci sembra proprio che arriverebbe a colmare uno specifico sentito bisogno di istruzione ed intrattenimento.
Nelle vicende del Parco Michelotti di questi trent’anni sono ben rappresentati un bel
grappolo di cattive abitudini e di blocchi mentali delle nostre successive amministrazioni.
Sono riuscite ad avvitarsi su un tema, il riutilizzo del parco, che poteva essere svolto in modo semplice, magari poco glorioso ma benefico e poco costoso. C’era prima dello zoo un piacevole parco, abolito lo zoo poteva tornare ad essere un parco, che sarebbe stato ben gradito alla cittadinanza, tantopiù in una simile posizione, accanto alla Gran Madre e a Piazza Vittorio.
Ma ci fu per molti anni un’idea generale che di un luogo così si dovesse fare qualcosa di più bello ed importante di un semplice parco, e che, visto che c’erano piccoli edifici e installazioni dello zoo, questi potessero/dovessero venire in qualche modo riutilizzati. Così, di idea in idea, di uso parziale in uso parziale si sono sgranati gli anni fino a quelli della crisi e qui, come per ogni cosa, dell’arrivo della pervasiva parola d’ordine: il comune non ha più i soldi per far nulla, devono arrivare i privati, coi loro soldi e con le loro idee.
Ma evidentemente qui il parco è già “parco”, non richiede vere bonifiche, e quanto al costo delle poche demolizioni necessarie, gli edifici o installazioni interessati potrebbero essere recintati e messi in sicurezza con poca spesa, in attesa senza fretta che arrivassero fondi per la demolizione e/o fondi più idee per un valido riutilizzo.
E non ci parlino di costi di manutenzione ed esigenze di sicurezza: in un luogo così
centrale un paio di locali pubblici non invasivi ed una illuminazione decente basterebbero ad assicurare una funzione di presidio, e le presenze arboree non sono certo più ingovernabili qui che altrove.

Il guaio è che i politici sentono il bisogno di avere “opere” identificabili, tanto più in un
periodo in cui il Comune impoverito di opere può produrne poche, e allora ben vengano i privati con qualche iniziativa che l’apparato di comunicazione del Comune, quello sì ancora in piena efficienza, possa presentare come un grossa addizione di qualità urbana e magari di vitalità culturale.
Comunque, nella deprecata ipotesi che non si riesca a scongiurare questo nuovo zoo, i
torinesi hanno certamente il diritto di pretendere che in corrispondenza del parco si ripristini come percorso pubblico il vialetto sul bordo del piano di argine a suo tempo inglobato dallo zoo, e non certo adeguatamente sostituito dal sentiero sterrato in basso presso la sponda, esposto fra l’altro alle esondazioni. Nella foto si può osservare il bivio fra il sentiero basso e il viale superiore “catturato” dal vecchio zoo e dal progetto del nuovo.
Tralasciando per ragioni di spazio altre operazioni in itinere non particolarmente felici
dobbiamo peraltro annoverare, come si diceva, qualche segno positivo.
Sulla Cavallerizza il Comune ha espresso dichiarazioni che sembrerebbero ridurre le
prospettive di vendita di gran parte ad investitori privati che darebbero tenui garanzie di tutela monumentale e solo marginali usi culturali.
Ora il Comune afferma di voler garantire un impiego culturale all’intero complesso, e
con in questo caso innocua sfrontatezza afferma di averlo sempre sostenuto. Resta però il problema di cosa intenda per “usi culturali” ed in particolare è forte la preoccupazione che per una grossa aliquota di questi edifici, essenzialmente i piani alti, si riaffacci l’ipotesi di “ostello della gioventù” peraltro “di lusso” e contestuale a vendita e non solo concessione a tempo degli spazi relativi.
Intanto il Comune ha garantito l’apertura al pubblico della porzione di Giardini Reali
contigui alla Cavallerizza, e ripresa la manutenzione del verde abbandonata per molti anni.

Comunque il ritardo con cui il Comune procede nel delineare un piano preciso
sembrerebbe riferibile ad una certa consapevolezza di errori importanti nelle sue posizioni precedenti, e anche se ora è certa solo una estrema cautela preelettorale, abbiamo speranze maggiori che non all’inizio della vicenda.
Tornando al prezioso e minacciato ambito della Gran Madre e del parco Michelotti
sembrerebbe allontanarsi il pesante progetto di piccola centrale idroelettrica sfruttante il salto della diga con un annesso vascone cementizio alias conca di navigazione, per una navigazione tutt’altro che indicata a valle di questo punto. La ditta che ha vinto l’appalto ha deciso di recedere, visti i costi aumentati dalle precauzioni richieste dal Comune sotto la pioggia di critiche ambientaliste.

Ci auguriamo di poter offrire una comunicazione più puntuale e soprattutto più vasta e corredata di immagini quando, speriamo molto presto, il nostro sito web tornerà attivo. Il nostro problema di sempre, nella comunicazione coi Soci, è l’elevata incidenza delle tariffe postali per l’invio di materiale cartaceo, 2,15 euro per le comunicazioni oltre i venti grammi!
Torniamo a raccomandare, ai nostri Soci che non dispongono di indirizzo mail, di
fornirci l’indirizzo mail di un familiare o di una persona amica presso cui inviare le nostre comunicazioni, che durante l’anno possono ammontare a decine di diverse segnalazioni che possiamo inviare solo per e-mail.
Fra l’altro, solo con la posta elettronica possiamo inviare immagini a colori, mentre è un peccato che chi ci riceve solo per posta debba accontentarsi delle fotocopie in bianco e nero che sono quanto ci possiamo permettere.
Grati per il vostro appoggio e sperando di incontrarci con molti di voi alle nostre
passeggiate di “Diogene”, un caldo saluto.

per il Direttivo di Italia Nostra-Torino
Roberto Gnavi
(Presidente)